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Speciale Impresa e Impiego - Dossier

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28/08/2022

Innovazione: Università-impresa, matrimonio all'Italiana

Università e impresa sembra un matrimonio destinato a naufragare in Italia. Le relazioni tra gli atenei e le aziende sono appannaggio dei grandi politecnici e dei colossi industriali, una realtà che vede tagliate fuori le Pmi e gli atenei di provincia che arrancano nel veder realizzarsi collaborazioni e nel mettersi a capo dell’innovazione. Un problema evidenziato anche da Confindustria che, mutuando la posizione dell’Ocse, ricorda come una delle priorità del Belpaese consiste nell’aumentare il livello di istruzione terziaria e di promuovere le relazioni tra mondo dell’imprenditoria e laboratori universitari.

Università che vai relazione con l’industria che trovi
Secondo Andrea Rocchi, ricercatore presso l’Università La Sapienza di Roma e l’Università della Tuscia, l’Italia paga lo scotto di atenei  antiquati.  “I legami tra imprese e università in Italia sono molto poco stretti e sviluppati”. Un vuoto che bisogna riempire, come evidenzia l’ultimo rapporto Ocse sulla situazione economica italiana e come ha chiesto anche Confindustria per bocca del suo Presidente, Emma Marcegaglia, in un intervento sul quotidiano Affari Italiani. "La ricerca e' posta al centro come elemento imprescindibile per rilanciare la crescita", ha riferito il numero uno della confederazione industriali italiana, "l'Ocse ha evidenziato Paese per Paese le priorità di intervento per uscire dalla congiuntura sfavorevole. Quanto all'Italia ha evidenziato cinque priorità. Accanto alla necessità di ridurre la proprietà pubblica nelle imprese e il cuneo fiscale, oltre a promuovere la contrattazione decentrata in ambito di relazioni sindacali, l'accento e' stato posto sul bisogno di aumentare il livello di istruzione terziaria e promuovere le collaborazioni tra imprese e università".  In definitiva, ricerca, politica e industria "non sono universi paralleli o distanti, ma segmenti intrecciati di un unico percorso, di un unico obiettivo: la qualità del nostro futuro. Un futuro che può delinearsi solo attraverso la costante interconnessione tra ricerca e imprese. Occorre pertanto che questi mondi siano in dialogo costante, sia all'interno di ciascun Paese sia a livello transnazionale, in particolare, europeo". Un’oasi di pace e felicità per le aziende sono le università private, come la Bocconi di Milano o la  Luiss a Roma  che presentano un altro tasso di attività sotto questo punto di vista. “Senza dubbio”, spiega Rocchi, “i politecnici hanno delle corsie preferenziali di collegamento con le imprese”. Sono un’eccezione dunque le scuole per la tecnologia che hanno la necessità di interloquire e relazionarsi con il mondo dell’industria. Tutt’altra situazione se si guarda alle piccole università “che presentano non poche difficoltà ad instaurare legami con le imprese”.  Una realtà ormai riconosciuta e attestata dal nuovo sistema di pagelle istituito dal Ministero pei l’istruzione, l’Università e la ricerca che ha stabilito un criterio di valutazione delle performance delle Università italiane si cui si fonderà il calcolo dei fondi da destinare agli Atenei.  Promossi a pieni voti i Politecnici di Milano e di Torino per i migliori standard qualitativi avendo conseguito risultati importanti su didattica, ricerca, capacità di autofinanziarsi, buone valutazioni degli studenti, processi formativi positivi (numero di docenti adeguato in rapporto al numero degli studenti), presenza di molti progetti assegnati dal Programma Nazionale di Ricerca.  Sul podio sale anche l’Università di Trento premiata  per essersi dimostrata particolarmente attiva nel partecipare a bandi dell’Unione europea destinati a progetti per la ricerca. Una ridistribuzione dei fondi statali che ha suscitato non poche critiche e proteste lasciando a bocca asciutta molti Atenei che non brillano per intraprendenza e qualità didattica.  

La speranza nello Spin-off
Secondo Andrea Rocchi, però, l’Università italiana si sta lentamente muovendo dallo stallo secolare a cui sembrava relegata attraverso lo spin-off universitario. Il termine anglosassone sta ad indicare, in generale, la costituzione di una nuova entità giuridica (società di capitali o a responsabilità limitata), a partire dalle risorse di una società preesistente o da altre imprese. Applicato alle Università è uno strumento che permette il trasferimento  al sistema produttivo e alla catena di montaggio di nuove conoscenze in campo scientifico e tecnologico.
Una sorta di riorganizzazione più efficiente del processo produttivo nata sotto l’ala della collaborazione tra imprese e atenei. “E’ all’inizio, è agli albori”, spiega Rocchi, “mentre ci sono esempi  all’estero, per non citare la solita California, dove questo meccanismi esistono da decenni”. Nei singoli Atenei ci sono dipartimenti più innovativi come ingegneria, ma le piccole università fanno fatica a uscire dal guscio per lanciarsi nell’imprenditoria. Le difficoltà le hanno le università a trovare  imprese che investano nelle loro idee, ma è vero anche il contrario: le imprese che si rivolgono alle università più piccole non sempre hanno risposte utili. Miglioramenti vengono però registrati. Per esempio si calcola che l’Università di Padova riesce a brevettare circa il 10% della  ricerca applicata. Una cifra irrisoria se presa in termini assoluti, ma significativa se si calcola che fino al 2001 i brevetti di Padova, una delle più antiche università italiane, erano a quota zero.